Proprietà intellettuale ed industriale: no ad illecito senza vendita

 

Rome, Italy. Palace of Justice

La detenzione di materiale in grado di violare il diritto d’autore secondo la Corte di Cassazione non sempre ne determina in automatico la punibilità.

In particolare secondo i Giudizi di Piazza Cavour,  la detenzione di un numero rilevante di copie di opere protette dal diritto d’autore non comporta l’automatica applicazione dell’art 171 ter, comma 2, lettera a) della Legge 633 del 1941 ( la legge sul diritto d’autore), che punisce  chi  riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi.

La Cassazione, in una sentenza degli inizi di novembre del 2017,  ha affermato che ai fini della configurabilità della fattispecie aggravata prevista dall’art. 171-ter, comma secondo, lett. a), della Legge 633 del 1941 ( la legge sul diritto d’autore) , occorre, non soltanto il superamento della soglia quantitativa di 50 esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore abusivamente duplicate, ma, altresì, un effettivo atto di vendita o di messa in commercio o di cessione di tali esemplari, non essendo sufficiente la semplice detenzione sia pure a fini di vendita.

Nel caso esaminato dalla Corte, le opere protette dal diritto d’autore, pur  essendo in numero consistente ed inequivocamente destinate ad essere commercializzate  vennero rinvenute all’interno dell’abitazione dell’imputata  senza però che vi fosse la prova effettiva  dell’effettivo atto di vendita o di messa in commercio o di cessione di tali esemplari, non essendo sufficiente la semplice detenzione sia pure a fini di vendita, come affermato dalla giurisprudenza più recente di questa Corte.

In sostanza il numero di esemplari in grado di violare il diritto d’autore non è sinonimo di vendita e non può giustificare di per sè l’applicazione della fattispecie aggravata di cessione di opere protette.

Accolto dunque il ricorso in Cassazione dell’Avvocato dell’imputata ed annullata la sentenza della Corte d’appello.

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