Cassazione insultare non è reato

Cassazione insultare  non è reato

Una sentenza della Cassazione degli inizi di aprile del 2020 stabilisce che l’insulto nelle piattaforme di videochat come Google Hangouts, Zoom, Gotomeeting non può essere considerato reato informatico, anche quando tale insulto avvenga alla presenza di più persone.

Il tema delle comunicazioni a distanza sta ricevendo una improvvisa notorietà dall’uso estensivo delle chat, sia come strumento informativo, che come forma di comunicazione alternativa alla presenza fisica.

Secondo i giudici di piazza Cavour gli  insulti in videochat, avvenuti nella fattispecie attraverso la piattaforma hangouts di Google,  devono infatti qualificarsi come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, fattispecie depenalizzata, e non come diffamazione  aggravata di cui all’art. 595, co. 3, c.p. (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), per la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio.

In altre parole l’uso dello strumento informatico o telematico rende l’offesa più grave, ma non quando questo avvenga in una videochat con l’offeso, anche se sono presenti altre persone.

Il Supremo Collegio ha ribadito in proposito che “E’, invero, stato accertato che le espressioni offensive sono state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone ‘invitate’ nella chat vocale.

Ciò posto, va rammentato che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore.

Cassazione insultare non è reato.

Ne consegue che il fatto, come accertato dalla sentenza impugnata, deve essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594, u.c., c.p., che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. C), d.lgs. 15.1.2016 n. 7, è stato depenalizzato; la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, perché il fatto, così riqualificato, non è più previsto dalla legge come reato. “

 

WeeJay